Tutte le grandi aziende, tutti gli imprenditori che possono dire “ce l’ho fatta!”, trovano le proprie fondamenta in anni di sacrifici, porte chiuse e fallimenti iniziali. Poi, solo imparando dagli errori e con estrema perseveranza, tutto assume una piega diversa e le cose iniziano a migliorare. Questa è anche la storia di Bruno Manetti, proprietario dell’omonima azienda, che oramai da diversi anni è leader nella produzione e nell’export di collezioni di moda con capi realizzati in cashmere, che nel salotto della propria azienda si è messo a nudo, raccontando aneddoti e progetti per il futuro.
Bruno Manetti, dagli studi in lingua e letterature straniere a creare una collezione di moda con uno dei più preziosi filati naturali, il passo non è per niente breve. Per lei invece sembra essere stato così lineare. Che cosa l’ha spinta a intraprendere questa strada?
Come la grande maggioranza di aziende toscane, italiane, si tratta di una storia di famiglia. I miei genitori avevano un’azienda nella quale facevano produzione di maglieria per marchi stranieri: i clienti infatti venivano nei locali e decidevano loro stessi quello che volevano e come fosse realizzato, soprattutto collezioni di maglieria da uomo. Io sono entrato nella realtà aziendale familiare dopo gli studi in lingue e letterature straniere, che nel futuro si sono dimostrati poi importantissimi e di fondamentale aiuto. Inizialmente facevo il magazziniere ma dopo soli sei mesi mi sono reso conto che non fosse il mestiere che mi piaceva fare: abbiamo così deciso, io e la mia famiglia, di realizzare una collezione nostra, nonostante, io per primo, non possedessi alcuna conoscenza di maglieria, né di vendita, tantomeno di reti commerciali, aspetti che poi ho imparato strada facendo nel mio percorso lavorativo, learning by doing.
Con la prima collezione siamo così partiti, sbagliando quasi tutto all’inizio, cercando di migliorarsi però fin da subito: tante sono state le peripezie da superare, a partire dal nome della collezione, Luana, il nome di mia mamma, un marchio che però, dopo due stagioni, nessun cliente voleva mostrare nelle etichette dei capi, tanto è che preferivano mostrare il nome del negozio rivenditore. Questo modus operandi però non mi piaceva, così ho cominciato a chiedermi “ma se non ti piace Luana, che cosa può piacerti?”: nel confrontarmi con varie persone, queste mi hanno fatto notare che io ho un nome, Bruno, che suona benissimo, specialmente all’estero (mercato tedesco, svizzero, austriaco, Benelux, dove inizialmente andavo a vendere la collezione) e che resta tale in tutte le lingue, e un cognome, Manetti, che solo a pronunciarlo viene associato all’Italia. Bruno Manetti è diventato così il marchio che ci ha permesso di essere conosciuti e di affermarsi: da una maglieria sconosciuta, che si chiamava Luana, a Bruno Manetti, il newcomer, la nuova linea di maglieria di alta gamma.
Il marchio Bruno Manetti nasce nel 1995, un pò per caso, come la mia storia insegna, dopo un paio di anni di esperienza di vendita in giro per l’Europa, anni nei quali, con incoscienza e tanta “faccia tosta”, entravo nei negozi e con coraggio provavo a vendere la mia collezione. Questi mesi, lontano da casa, commettendo numerosi errori , mi sono serviti soprattutto per la crescita, sia come imprenditore che come uomo, facendo miei gli aspetti positivi e correggendo gli sbagli commessi. Adesso, per quel che è diventato Bruno Manetti, posso solo ringraziare di aver avuto la possibilità di vivere quella che io definisco “la scuola sulla strada”, e che sicuramente, gli studi in lingue straniere, mi hanno permesso di affrontare al meglio.

Dopo circa vent’anni di duro lavoro, ma anche di successi e grandi traguardi, ecco che arriva la nuova sede, a Montelupo Fiorentino, territorio anche nel quale I Consultant opera e ha la propria sede. Perché ha scelto proprio Montelupo Fiorentino per i nuovi locali?
Partiamo da un aneddoto storico della nostra azienda. Prima di trasferirsi a Montelupo la nostra sede era a Montespertoli, nel capannone storico di famiglia, di quelli che venivano realizzati negli anni ‘70, con un soppalco per aumentare i volumi e per niente bello esteticamente ed accogliente per i clienti. Man mano che il marchio Bruno Manetti cominciava a diventare conosciuto, in particolare all’estero (Germania, America, Russia), cresceva l’esigenza di ricevere i clienti in azienda, che magari venivano qua in vacanza e con l’occasione mi contattavano anche solo per passare a salutarmi. Io però, siccome mi sentivo a disagio al solo pensiero di dover presentare loro una struttura non accogliente, mi inventavo sempre delle scuse per non farli venire.
Di conseguenza i clienti cominciavano un pò a preoccuparsi della mia continua assenza e per evitare il perpetuarsi nel tempo di situazioni simili ho iniziato a cercare una sede in una location posizionata in maniera strategica, a Montelupo Fiorentino, facilmente raggiungibile da Firenze e da Pisa, su una strada molto importante, la Tosco Romagnola, e che poi abbiamo realizzato rendendola elegante esteticamente e apprezzabile dal punto di vista dell’immagine. Adesso infatti succede il contrario rispetto a pochi anni fa: sono io ad invitare i clienti a venire da noi, e non solo per un saluto ma anche perché abbiamo tante cose da offrire loro, le grandi città di Firenze, Pisa, Lucca, la storia vicina di Montelupo Fiorentino, ma soprattutto la cucina toscana, che riesce a sorprenderli ogni volta. Così, oltre a fare vedere loro come si realizza un capo di maglieria importante, di cashmere, che poi va a finire nei negozi di mezzo mondo ad un certo costo, faccio fare loro una piccola vacanza, perché possano sentirsi a loro agio e mangiare bene.
Quanto è importante il rapporto con il suo staff e con i suoi dipendenti e che tipo di relazioni è importante per lei instaurare?
Estremamente importante, perché in diversi casi sono più giovane dei dipendenti e dei collaboratori, maestranze che ormai lavorano con noi da tanti anni, che mi hanno sempre visto come il figlio dei vecchi proprietari, per cui cerco di confrontarmi con loro stando sempre allo stesso livello, pur sapendo che ognuno ha il proprio ruolo. Però ho sempre espresso e ribadisco il concetto che siamo tutti sulla stessa barca: l’azienda va bene se il collaboratore e il dipendente lavora in un ambiente tranquillo, dove viene stimolato e ha fiducia in quello che l’azienda fa.
Un argomento delicato e concetti anche difficili da comunicare, perché spesso il titolare viene visto come il “cattivo”, ma la verità è solo una: Bruno Manetti senza dipendenti e collaboratori non è in grado di realizzare niente, allo stesso modo l’azienda garantisce loro un posto di lavoro, per cui abbiamo tutti il medesimo interesse anche se l’azienda resta poi mia.
Ritengo che il rapporto con i miei dipendenti e collaboratori sia buono se, quando ho qualcosa da comunicare loro, non viene mai considerato a livello personale ma ritenuto costruttivo per l’azienda e per gli obiettivi che vogliamo raggiungere.
Ritengo inoltre che non sia semplice, perché i rapporti non sono mai facili nella vita normale, figuriamoci in ambiente lavorativo, ma io cerco sempre di instaurare un rapporto di reciproco rispetto e di scambio di opinioni che si mantenga sempre su un livello abbastanza civile e assolutamente costruttivo.

Siamo in un periodo della storia nel quale le aziende, anche le più piccole, investono molto nel digitale, per ampliare il proprio business e cercare di raggiungere sempre più potenziali clienti. In questa ottica, che tipo di canali di comunicazione Bruno Manetti utilizza e quali strumenti, digital, vengono prediletti?
Da sempre siamo un’azienda dedita all’export, sul mercato mondiale, e al giorno d’oggi non è più pensabile poterlo fare se non hai un buon rapporto con quelli che sono tutti i mezzi che abbiamo a disposizione grazie ad internet, mediante i quali riusciamo a presentare chi siamo e i prodotti realizzati. Noi investiamo molto nel sito aziendale, sul quale abbiamo implementato tanto lo shop online e ultimamente, come conseguenza anche dell’emergenza sanitaria, abbiamo ulteriormente investito nel digitale creando uno showroom virtuale: tutti i clienti hanno problemi di mobilità, non possono venire in Italia, in America poi non si posso spostare nemmeno tra le nazioni limitrofe, così con dei semplici tool siamo in grado di mostrare loro le nuove collezioni con la speranza poi di non perdere fatturato e poter continuare a intrattenere con ognuno dei nostri clienti il rapporto di business.
Nasce così il nostro showroom virtuale, un’idea nuova per noi, che di fatto sta dando frutti e soddisfazioni: la collezione primavera-estate 2021 è stata presentata a tutti i nostri clienti, in modo che potessero navigare su ogni singolo capo e scoprire tutti i dettagli (manca solo di toccarlo con mano!). Tutti investimenti che, oltre che volerlo, devono essere fatti per continuare a giocare un ruolo importante nel mercato dell’abbigliamento mondiale.
Da non molto tempo è terminata l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del corona virus, e il futuro è ancora incerto. Quanto ha sofferto il campo della moda e cosa Bruno Manetti ha deciso di fare per aiutare la comunità ad affrontare questo periodo?
Scoppiata la pandemia e il conseguente lockdown, ad inizio Marzo , avevamo già completamente consegnato la collezione primavera-estate 2020 senza incontrare grosse difficoltà, e avevamo quasi chiuso le campagne di vendita per l’invernale 2020-2021, quella che è attualmente in produzione (dobbiamo essere sempre sei mesi in anticipo): ci sono mancati 15-20 giorni di vendita, e di conseguenza un pò di fatturato. Ho fin da subito pensato, più che altro lo speravo, che questo periodo fosse passeggero (e invece si sta allungando parecchio) e così ho preso una decisione: “ho venduto dieci, invece che produrre di meno, produco un 30% in più di quello che ho venduto, perché credo fortemente che i clienti, avendo comprato di meno e addirittura annullato gli ordini, ad Agosto/Settembre possano tornare ad ordinare nuovamente e se mi faccio trovare con la merce pronta, oltre a fare belle figura, riesco a recuperare anche parte del fatturato perso in quei 15-20 giorni”.
E adesso, complice del fatto che se non fai niente sicuramente non accade nulla, le cose mi stanno dando ragione perché all’estero si sente meno l’effetto della pandemia e abbiamo già cominciato a consegnare l’invernale, che tra l’altro sta già uscendo bene dai negozi, nel Nord Europa infatti le temperature sono più basse nei mesi estivi rispetto a quelle abituati ad avere in Italia.
Dal punto di vista finanziario non abbiamo perso quasi nulla: da subito ho cercato di affrontare le problematiche dei clienti, cliente per cliente, per trovare una soluzione idonea: ci tengo a lavorare con ognuno di loro, trattando tutti allo stesso modo, dando fiducia nella speranza di riottenere fiducia una volta che tutto torna alla normalità.
Durante il lockdown ho avuto poi una piccola intuizione, nata dalle vive esigenze delle persone che non riuscivano a trovare le mascherine da nessuna parte, di cominciare a produrre delle mascherine: una mascherina di maglia, un piccolo pezzo di maglia al viso, che calza molto bene, morbida, piacevole, realizzata con un materiale atossico, anallergico, che si può lavare infinite volte.
E poi non sono quelle tradizionali, ma sono tutte colorate, fino a 17 diversi colori, perché ognuno possa scegliere quello nel quale si riconosce. La cosa bella è che questa intuizione ci è scoppiata in mano, è diventata una mascherina “virale”: tanti giornali e tante televisioni mi hanno chiamato per intervistarmi su quella che loro hanno definito Fashion Mask. Le abbiamo dato anche un nome, dopo due/tre giorni di riflessione, EnjoyLife, Goditi la Vita, che è un appello alla fiducia, al pensare positivo, che tutto passerà e tornerà nuovamente il sereno.

Quali sono gli obiettivi e i traguardi che lei, con la sua azienda, ha intenzione di raggiungere nel futuro prossimo?
Abbiamo una grossa sfida, che è anche una necessità, da affrontare seriamente, per la quale stiamo lavorando da diverso tempo ma che vogliamo fare estremamente bene, perché se sbagli inizialmente avrai delle ripercussioni forti sul marchio e l’immagine aziendale: dopo la sede, dopo le mascherine, dopo aver dato alle collezioni il senso di total look (ti puoi vestire dal cappello fino alle scarpe, lasciando comunque alla maglieria il ruolo principale), vogliamo i negozi direzionali, i negozi monomarca Bruno Manetti. Stiamo lavorando in questa direzione.
Ci sono già negozi Bruno Manetti, che sono fatti in cooperazione con clienti nostri, in Germania-Russia-Svizzera, dove ci sono dei corner o degli shop in shop, dove Bruno Manetti mostra così una parte della collezione nel negozio di un cliente.
Io invece vorrei un negozio completamente Bruno Manetti, dove posso mostrare l’intera collezione, e questo, a mio avviso, va fatto nella città della Moda per eccellenza, Milano. Questo è l’obiettivo da raggiungere nel prossimo futuro. Se poi potessi già scegliere una città estera per il primo monomarca fuori dall’Italia opterei per Parigi o Monaco di Baviera, città della quale sono innamorato.
Conclusioni
Sinceri ringraziamenti a Bruno Manetti, per averci accolto nella sua azienda e averci raccontato la sua storia sia come uomo che come imprenditore. Ci auguriamo che le sue parole possano essere da stimolo importante per tutte quelle piccole e medie imprese che credono nella propria attività e credono in quello che fanno. Abbiamo conosciuto un uomo, prima che un imprenditore, che investe molto nelle relazioni umane con i dipendenti e i collaboratori, e forse, in un momento storico del genere, c’è ancora più bisogno di questo.
